Chiuso a chiave nella stanza al primo piano di Palazzo Zanca, Renato Accorinti non immagina neanche di essere diventato un caso internazionale. Non sa che del suo destino si occupano governi e delegati dell’Onu. Che alla sua prigionia sono legate le già precarie relazioni diplomatiche fra la Giunta dal basso e i sindacati. La Lobby dello Stretto sembra irremovibile, e ha dato ordini di tenere sotto chiave il profeta No Ponte, senza permettere che Renatino nostro, ottenga il riconoscimento di rifugiato politico, col quale potrebbe lasciare finalmente il Comune. L’affaire non è di facile soluzione. Un labirinto di leggi e di interpretazioni sulla riqualificazione urbana escludono una strada dritta. E non può bastare il varo della nuova Commissione di Valutazione di Incidenza comunale. Sarà una lottizzazione, l’ennesima colata di cemento su un territorio già ampiamente deturpato, la scorciatoia a risolvere il rebus? Il movimento che si specchia nel suo profeta No Ponte sembra orientato a non forzare la mano: si rimetterà alle decisioni dell’Alto Commissariato dell’ Onu per i rifugiati. Poi, sarà quel che sarà. Chi invece non è disposto a restare neutrale è il sindacato: dopo quattro giorni di boicottaggio, ieri sera ne ha proclamato un quinto, che scade stasera alle 18. La Lobby dello Stretto concederà il nulla osta per la protesta a patto di non lasciare i rifiuti per terra. Altrimenti la Tares sarà solo la prima di una lunga serie di tasse per risanare i debiti sulla raccolta dei rifiuti. Deficit provocato gran parte dai cittadini colpevoli di calpestare il suolo pubblico, fosse anche per uno sciopero per la vita! Avete voglia a gridare che quello di Accorinti è un caso umanitario… la Lobby è la Lobby! Non è la prima volta. Si discute, si tratta, si cerca una soluzione. Ma il professore No Ponte, al suo centocinquantesimo giorno di reclusione, aspetta speranzoso. Il movimento dal basso ha potere sul sindaco, ma è il SISTEMA il padrone del Palazzo. Domenica scorsa a mezzogiorno, una delegazione riesce a salire al primo piano. Ci sono uomini dell’Onu, della Croce rossa, della Caritas. Interprete, Serthar, un tibetano da dieci anni a Messina, profugo perseguitato. Rischia di suo. Sa che, se viene scoperto, può finire in cella con Accorinti; e che se lo riportano in patria, lo aspetta la fucilazione. Serthar è l’unica persona, insieme a una crocerossina, ad aver visto per due minuti il sindaco rivoluzionario sotto sequestro. Racconta: Davanti al vice sindaco non voleva parlare. Poi sono riuscito a chiudere la porta e a convincerlo, mostrandogli i simboli della sorella crocerossina. Lui mi ha detto soltanto: Datemi aiuto, fatemi scendere. E’ un uomo avvilito, distrutto. Sa che se torna in piazza è finita per lui. I delegati abbozzano per non compromettere la situazione, già così delicata. L’odissea continua per i messinesi già duramente provati dalla crisi economica provocata dal primo Governo Andreotti. Ieri sera tardi era segnalato l’arrivo di esponenti dell’Alto commissario Onu per i profughi. Toccherà a loro stabilire che il caso è da asilo politico e, cosa più complicata, convincere i profughi sistemati nella Tendopoli del Conca d’Oro a ospitarlo dopo che li ha tenuti a mollo nel fango. Il sottosegretario agli interni è di poche parole: “Ho visto Accorinti molto provato. Stiamo lavorando. C’è un problema di umanità ma anche di relazioni sociali fra due entità". Un modo come un altro per allargare le braccia e per esprimere un cauto pessimismo.