Un argomento "leggero" per uscire dal solito discettare su politica italiana ed estera. "Rivoluzione a tavola" sopratitola un articolo della gourmet Roberta Schira su il Giornale di sabato scorso. Con, titolone, una reprimenda stroncante "il grillismo gastronomico". Penso che, riferendosi ai grilli, possa trattarsi di cucina cinese o africana…., incauto: è una indicazione (pure indicativa di una visione politica capital-chic) che bastona il populismo dilagante. In rete, secondo la Schira, per colpa di Trip Advisor (il principale sito che ospita i commenti dei clienti di ristoranti e alberghi) esprimono il proprio giudizio decine di migliaia di criticoni assolutamente impreparati sull’argomento di cui osano discettare: come hanno mangiato. Non trattasi dei pareri "truccati" ma proprio di quelli di quanti, avendo pagato, si permettono di giudicare "soggettivamente" (… il soggetto non è chi paga per un servizio ??) Così Trip Advisor diviene (riscrivo quanto contenuto nell’articolo) "sito che è il grillismo, il gentecomunismo, l’anticastismo fatto critica gastronomica… con una sola regola: mangiare molto e spendere poco". La Schira o l’articolista, oppure tutti e due, sostengono pure che "è un inquietante ritorno agli anni ’50 ove gli italiani si riempivano la pancia vuota per la fame dovuta alla guerra e che per criticare oggi occorre studiare". Cosa occorra imparare viene quindi sintetizzato in 7 regole d’oro: ingredienti, tecnica, genio, equilibrio, atmosfera, progetto e valore. Roba che neppure Renzi sarebbe capace di spiegare ai bimbi e agli insegnanti delle scuole. Io, per capirci qualcosa, evitando accuratamente di comprare il libro (credo sia peggio di un trattato filosofico, ma so bene di non essere all’altezza di comprenderlo) passo direttamente a una analisi sintetica di come vengono enunciate.
1) Scegliere il meglio che offre il mercato rendendosi conto di come non sia possibile spendere poco (in un locale che non sia una pizzeria al taglio).
– ovvero: non crediate di poter pranzare o cenare bene tranne spendere consistentemente… cioè, in pratica, una famiglia media, che notoriamente non ha soldi, si accontenti di una popolare teglia di pizza.Oppure faccia un mutuo per pagare il dovuto. –
2) Manipolare e trasformare la materia prima rispettando la sua essenza.
– Scritto così sono andato a Rosenberg, all’eugenetica, agli ogm… ma in fondo si tratta solo di capire come è stato modificato un piatto portato a tavola. Non la ceramica ma gli ingredienti…,sarà forse per questo che,per poterne identificare il contenuto,è previsto l’uso di un microscopio ? –
3) Trasformare il passato in qualcosa di nuovo,generando la cucina del futuro.
– Confesso, non capisco se il riferimento sia a un nuovo messia guida di "illuminati" o comprenda pure un nuovo modello di Scavolini. –
4) Armonizzare gli elementi del piatto affinché il palato non percepisca stonature.
– Di quale palato trattasi ? Del cuoco (mi si perdoni la volgarità plebea di evitare il termine chef) o di chi consuma ? Certo, la condivisione dell’armonia diviene estasi, ma sarà pure concesso a chi paga avere un proprio gusto personale… o no ?-
5) Mettere a disposizione dei clienti una sala dove possano sentirsi a proprio agio.
– Totalmente d’accordo. Niente gomito a gomito,atmosfere e ambienti rilassanti aiutano e invogliano a gustare pranzo o cena, specie senza un servizio scadente o asfissiante.
Nella grandissima maggioranza di ristoranti e trattorie che conosco, una raccomandazione sconosciuta. Per quelli di alto livello non so proprio. –
6) Lasciar intravedere un pensiero,un’idea complessiva tra menù e formula del locale.
– Oddio, tra politica e vita sociale, sono stufo di progetti…. di ascoltarli, vederli, leggerli. Non vorrei proprio….mangiarli. –
7) Presentare un conto proporzionale alla qualità dell’esperienza gastronomica.
– Unica occasione in cui si citi positivamente "il proporzionale". Che, guarda caso, è l’esaltazione della rappresentanza "populista". Giusto, pure io ritengo che meglio si mangia maggiormente meriti un compenso il ristoratore. Con una fondamentale premessa : che la "quantità" dei prodotti utilizzati e serviti sia specificata prima di presentare la pietanza. Se la signora Schira è fiera (come scrive il Giornale) della propria taglia 46 e detesta gli affamati dei tempi moderni, sono fatti suoi. Che pretenda di dettar legge snobisticamente su decine di milioni di italiani che pranzano e cenano fuori casa ritengo interessi pure chi legge. Personalmente mi piace pranzare sapendo cosa c’è nel piatto. Con una cucina che,salvo informazione preventiva su eventuali "rivisitazioni", rispetti la tradizione e il territorio. E che, oltre la maggior possibile genuinità e freschezza proporzionale al prezzo esposto nel menu e al conto pagato, mi faccia alzare sazio e soddisfatto. Certifico che grillino non sono, populista di sicuro. E che, per fonti attendibili, alcuni frequentatori di locali (apparentemente) osservanti le 7 regole di cui sopra appena usciti dagli stessi cercano proprio…. una pizza al taglio! –
Vincenzo Mannello