Il ristorante della famiglia del cuoco Antonino Cannavacciuolo, a Torino, è stato chiuso e multato perchè spacciava cibi congelati per freschi. Storie di “ordinaria” amministrazione che, al massimo, fanno titoletti nelle cronache locali dei media. Ma la notorietà del personaggio ha giocato come megafono.
Quello che stupisce è:
– che sia accaduto;
– la reazione del cuoco.
1 – Che sia accaduto. Forse la notorietà mediatica ha fatto distrarre il nostro cuoco o sottovalutare il fatto in sè, o si tratta di delirio di onnipotenza? Su certe cose, non ci si puo’ distrarre, anche se il misfatto è accaduto in un ristorante dove si paga un occhio della testa e per sedersi a tavola bisogna prenotare con largo anticipo. Forse, chi paga 10 euro per primo, secondo e contorno, frutta e un quartino di rosso, tutto con coperto di carta, è più concentrato sul risparmio che non sul menù. Forse. Ma chi (come nel nostro caso) paga 75 euro per un menù degustazione, e 60 euro per gli assaggi di vino, anche se in teoria potrebbe fare meno attenzione ai soldi, forse è più attento al menù. Nonostante queste osservazioni di banale buon senso, lì in quel ristorante torinese il misfatto si è compiuto. Forse la proprietà del ristorante credeva di avere una sorta di nulla osta rispetto alle abituali norme sanitarie e di informazione del consumatore, cliente e commensale? Nulla osta di fatto legato alla notorietà mediatica della famiglia? Chissà! Noi, a maggior ragione quando si pagano certe importi e quando si ha a che fare con chi ci informa e insegna tutti i giorni sulla buona tavola, pretendiamo precisione, rispetto e qualita’ dell’informazione (sulla qualita’ del cibo, lasciamo che ogni consumatore giudichi di per sè).
2 – La reazione del cuoco. “Si parla tanto delle difficoltà che gli imprenditori sopportano per lavorare in Italia, in qualsiasi settore. Ecco, storie come questa fanno venire voglia di andarsene da un’altra parte”. Bene le regole, ammette, ma assurda la loro applicazione. Così il nostro cuoco. A parte che non sappiamo dove pensi di andare perche’ spacciando cibi congelati per freschi se la passi con una pacca sulla spalla. Non conosciamo Paese al mondo in cui non ci siano provvedimenti come quelli italiani per questioni del genere (poi ci sono le mazzette agli ispettori sanitari, ma questo è un altro discorso). Non solo. Ma ne conosciamo alcuni in cui, dopo un episodio del genere, una star come il nostro cuoco, dopo un po’ d’anni di silenzio, al massimo potra’ trovare lavoro come aiuto cuoco in un fast food (un nome non a caso: Usa).
Gli italiani nel mondo, oltre ad essere amati per tanti motivi, hanno anche una pessima nomea per due aspetti: affidabilità e rispetto delle norme… una nomea, e talvolta ancora un dato di fatto, che nel linguaggio molto popolare si esprime con l’appellativo “mafiosi”. Una stimmata che ci portiamo dietro da secoli grazie ad alcuni emigrati italiani che hanno popolato (e popolano) le delinquenze del mondo intero. Questa nostra caratteristica la viviamo anche sul nostro territorio. Come nel nostro caso torinese. Non certo un caso “mafioso”, per carita’. Ma sicuramente in quella corrente di pensiero. L’Italia che non funziona e’ anche per questo.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc