GANDOLFINI E SOCCI RICORDANO S. GIOVANNI PAOLO II

In questi giorni sono stati ricordati, per la verità, non più di tanto, i vent’anni della morte del Papa polacco. Due interventi, mi sembrano importanti da segnalare: quello del professore Massimo Gandolfini, presidente di Family Day e del giornalista cattolico Antonio Socci. Entrambi evidenziano la statura di Papa Wojtyla non solo come pontefice, ma soprattutto come “uomo di Stato, della politica, della cultura”. Gandolfini scrive che Wojtyla “ha modellato il corso della storia nella seconda metà del secolo segnato dallo scontro fra disumane ideologie”.

(Il messaggio di Karol vent’anni dopo, 2.4.25, La Verità) “L’azione intelligente, prudente e pacifica di questo Papa – scrive Gandolfini – ha reso possibile ciò che nessuno, a quel tempo, osava anche solo immaginare: la caduta dell’impero comunista e l’inizio di una primavera di libertà per milioni di persone schiacciate dall’ideologia e dai carri armati dell’Unione Sovietica”. Ancora sottolinea: “Non una goccia di sangue, non un colpo di cannone, neppure un militare al fronte, o un civile sacrificato in una guerra per la libertà. Soltanto e non è poco! – la forza di un uomo armato del coraggio della fede e della verità, che ha posto al centro della sua missione la dignità della persona umana, la sacralità della vita, la costruzione del vero bene comune, la difesa di chiunque è debole, fragile, indifeso”. E probabilmente su questo aspetto ancora non si è riflettuto abbastanza.
Il professore Gandolfini non manca di ricordare, nel notevole Magistero di Papa Wojtyla, l’importanza fondamentale dell’enciclica Evangelium Vitae, una enciclica sociale, prima che morale o dottrinale, che ponendo al centro il «diritto alla vita» di ogni essere umano, dal concepimento alla morte naturale, disegna le coordinate per contrastare ogni ideologia contro la vita, dal Papa efficacemente indicata come la «cultura della morte». In questa giornata non possiamo dimenticare la grande battaglia di libertà e per la vita che ha caratterizzato il suo pontificato. Inoltre il professore denuncia quello che sta accadendo in Polonia, nella terra natale di San Giovanni Paolo, “ove è in atto una strategia di progressivo smantellamento dei valori cristiani (soprattutto in ordine alla difesa della sacralità della vita) il cui ultimo atto, in ordine di tempo, è il boicottaggio alla apertura del Museo «Memoria e Identità», dedicato al Papa polacco”. “Memoria e Identità”, è il titolo dell’ultimo libro pubblicato dal Papa a ridosso della sua morte. E’ una riflessione sulla storia, Wojtyla, ha da sempre “la Storia nel cuore”, è uno dei pilastri di riflessione del suo pensiero. Una meditazione sul «mistero del male», incarnato nei grandi poteri totalitari del Novecento, nazismo e comunismo, che hanno prodotto terribili sciagure umane quali l’Olocausto, i gulag, gli stermini di massa. È una analisi lucidissima sui fondamenti etici della democrazia e dei diritti umani, a partire dalla sacralità della vita, sull’identità dell’Europa fortemente radicata nel cristianesimo, fino alla frattura provocata dall’Illuminismo, fino a giungere alla missione della Chiesa, che custodisce in sé la memoria della storia del l’umanità. È doloroso, oltre che vergognoso, che siano proprio le autorità polacche a cercare di cancellare il ricordo del più grande figlio della Polonia di tutti i tempi. Di che cosa hanno paura, che cosa temono i nuovi governanti? Socci nel suo bellissimo editoriale su Libero (Le profezie di Giovanni Paolo II sempre più vere. Venti anni dopo, 3.4.25, Libero), sottolinea l’aspetto profetico del lungo pontificato di san Giovanni Paolo II, che ha segnato gran parte della vita di intere generazioni a cominciare dall’attuale presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che nel suo libro “Io sono Giorgia”, ha scritto: “È stato un altro grandissimo uomo, un santo, ad avvicinarmi con semplicità, e con il suo potentissimo esempio, a Dio: Giovanni Paolo II, al secolo Karol Wojtyła. Il più grande pontefice dell’era moderna e il più grande statista di tutto il Novecento. Ma anche di più”. I giornali che lo ricordano oggi, fanno fatica a riconoscere l’attualità della sua profezia. Forse, non vogliono. Non comprendono che si tratta di un profeta, scrive Socci. Tutti gli attribuiscono il merito del crollo dei sistemi comunisti dell’Est europeo ed è giusto, perché lui dette voce alla “Chiesa del silenzio” e coraggio a quei popoli martirizzati dalla barbarie totalitaria (mentre la nostra intelligentsia – amoreggiando con il marxismo – lo irrideva come reazionario). Tutto vero, ma il comunismo stava fallendo per conto suo, e Wojtyla ebbe il ruolo diretto e fondamentale di Giovanni Paolo II fu soprattutto quello di scongiurare l’implosione violenta di un blocco la cui Nomenklatura era disperata e aveva un immenso arsenale di armi nucleari. Nello stesso tempo il pontefice ha dovuto combattere la battaglia contro la leadership europea che rifiutava sprezzantemente di riconoscere le radici cristiane dell’Europa e così costruì una UE che è un mostro burocratico che annichilisce i popoli. Ricorda ancora Socci, Wojtyla è stato il Papa delle patrie, la sua “teologia delle nazioni” resta un pilastro della libertà dei popoli ed è incompresa anche oggi (perfino in Polonia è arrivato un governo “europeista” che gli è ostile). Inoltre il giornalista ricorda che il Papa polacco ha indicato quel percorso necessario di pacificazione che abbracci l’intero continente europeo dall’Atlantico agli Urali. “Non ci potrà essere ‘un’Europa pacifica e irradiatrice di civiltà senza questa osmosi e questa partecipazione di valori differenti eppure complementari’, che sono tipici dei popoli dell’Est e dell’Ovest”.
La sua “Europa dall’Atlantico agli Urali”, che avrebbe evitato oggi la guerra Ucraina/Russia, scrive Socci, e peraltro “era a portata di mano: si ricordi il vertice Nato di Pratica di Mare del 2002 con Bush e Putin, organizzato dal premier italiano Berlusconi”. Oggi c’è il presidente Trump che sembra riprendere quell’intuizione. “È l’unica strada possibile: riportare (con fatica) la Russia sul sentiero interrotto della democrazia e nell’alveo dell’Europa. È la migliore deterrenza, la sola garanzia di pace”. Anche per il Medio Oriente, la Terra Santa, c’è bisogno di riconciliazione, di perdono e non vendetta, ponti e non muri.

DOMENICO BONVEGNA
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