La Giornata Internazionale dell’Infanzia e dell’Adolescenza 2023, che ricorre oggi 20 novembre, avrà il volto delle migliaia di bambini uccisi, feriti, mutilati o costretti a sfollare nell’ultimo mese e mezzo per l’escalation del conflitto a Gaza. Allargando lo sguardo, nel mondo sono più di 400 milioni i minori che vivono in zone di guerra, più del doppio rispetto alla metà degli anni ’90, mentre anche in Europa il numero di quelli esposti al conflitto è quadruplicato in un solo anno, passando da 2 a 9 milioni, per effetto della guerra in Ucraina.
A livello globale, l’impatto delle guerre, insieme a quello dei cambiamenti climatici e delle conseguenze del Covid-19, minacciano direttamente il futuro di quasi 1 bambino su 10, e stanno compromettendo l’accesso all’istruzione di 222 milioni di minori in età scolare. Se proprio i bambini stessi identificano all’unanimità come loro massima priorità in tempi di crisi quella di poter continuare ad andare a scuola e imparare, questa speranza è stata negata, ad esempio, a 6,5 milioni circa di minori del Sudan, che negli scorsi sette mesi di conflitto hanno perso l’accesso a scuola per le violenze e l’insicurezza in cui è precipitato il Paese. E’ successo quest’anno – a causa degli scontri armati – anche a 1,4 milioni di bambini che vivono nella regione del Sahel, in Burkina Faso, Niger e Mali, mentre in Etiopia 2,3 milioni di studenti non hanno ancora potuto fare ritorno a scuola dopo l’accordo di pace del 2022 che ha posto fine al conflitto.
Oltre ai conflitti, il continente africano sta subendo gravi conseguenze a causa dell’impatto crescente della crisi climatica, che ha già costretto nel 2022 allo sfollamento quasi 2 milioni di bambine e bambini nell’Africa subsahariana, quasi il doppio rispetto all’anno precedente[1]. Ma i cambiamenti climatici stanno segnando la vita dei bambini a ogni latitudine, contribuendo a causare la più grave crisi alimentare degli ultimi decenni.
Secondo la nuova ricerca di Save the Children – l’Organizzazione che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini e le bambine a rischio e garantire loro un futuro -, diffusa oggi in occasione della Giornata internazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, si stima che almeno 17,6 milioni di bambini sono nati o nasceranno nel 2023 nella fame[2] , ovvero circa 33 bambini al minuto[3], con un aumento del 22% rispetto a dieci anni fa.
Save the Children ha rilevato[4] che quest’anno circa un quinto dei neonati in più dovrà affrontare la fame rispetto al 2013, quando erano 14,4 milioni.
Secondo l’analisi, l’Africa e l’Asia totalizzeranno il 95% delle nascite dei bambini denutriti nel mondo nel 2023[5]. I dati non includono l’impatto che l’escalation di violenza nei Territori palestinesi occupati sta avendo sulla fame o sul tasso di natalità nella regione.
“Più di 17 milioni di neonati nasceranno quest’anno in un mondo in cui la fame divorerà la loro infanzia. 33 bambini al minuto: quanto, o a volte anche più, di una classe scolastica in Italia. La fame distruggerà i loro sogni, metterà a tacere i loro giochi, interromperà la loro istruzione e minaccerà le loro vite”, afferma Daniela Fatarella, Direttrice Generale di Save the Children. “Il futuro di questi bambini è già compromesso prima ancora che facciano il loro primo respiro. Dobbiamo proteggere la loro infanzia e il loro futuro prima che sia troppo tardi”.
Tra i Paesi in cui almeno il 25% della popolazione soffre di fame cronica, c’è la Repubblica Democratica del Congo (RDC) dove circa 1,5 milioni di bambini nasceranno denutriti, il numero più alto nel Paese da quando sono iniziate le registrazioni della FAO nel 2001[6], a cui si andranno ad aggiungere 6,6 milioni di bambini sotto i cinque anni.
Sifa*, 33 anni, che vive in un campo per sfollati nel Nord Kivu, nella RDC, sta lottando per dar da mangiare ai suoi cinque figli, compreso il più piccolo nato appena tre mesi fa. Dopo aver perso tre figli a causa della malaria, del colera e dei gruppi armati, teme che un altro muoia, questa volta per la fame.
“Vivo nella costante paura di perdere un altro dei miei figli. Continuo a pensare: “Vedrò mai i miei bambini crescere e avrò mai abbastanza cibo per loro?” Ho paura di svegliarmi ogni giorno e scoprire che il mio piccolo non c’è più”, ha detto Sifa. “Da quando ho partorito, tre mesi fa, ho avuto difficoltà a nutrire il mio bambino. So che dovrei mangiare di più, ma quel poco che abbiamo lo do a mia figlia di nove anni. Chiede già cibo ogni giorno e dorme affamata, quindi provo a darle qualcosa. So che è pericoloso mandarla là fuori, ma non abbiamo altra scelta, ha bisogno di mangiare.”
L’Afghanistan è tra i Paesi asiatici con i più elevati livelli di denutrizione, quello con il maggior numero di bambini nati soffrendo la fame[7].
Marium*, 10 mesi, è tra i circa 440.000 bambini che, secondo le stime, nasceranno denutriti in Afghanistan quest’anno. A sei mesi, Marium ha iniziato ad avere la diarrea e successivamente gli è stata diagnosticata una polmonite a causa di un sistema immunitario indebolito. Sua madre, Zolaikha*, 23 anni, ha spiegato che la famiglia non può permettersi cibo nutriente per mantenere figli sani a causa del loro reddito limitato.
Ha aggiunto: “Da quando le abbiamo dato acqua e cibo fatto in casa, ha iniziato ad avere la diarrea. È diventata terribilmente debole due mesi fa. Piangeva tutto il tempo ed era sempre dolorante, insofferente e aveva la febbre alta. Piangevo con lei. Era difficile vedere mia figlia soffrire. Spero che nessun figlio si ammali mai. Anche l’altra mia bambina, Zohra*, è gravemente malnutrita. Ha avuto frequenti diarree e in seguito ha preso anche la polmonite. È tutto a causa del fatto che si beve acqua non sicura e non si mangia abbastanza cibo nutriente”.
In passato sono stati compiuti enormi progressi per ridurre la fame nel mondo, lo attesta il fatto che, come riportato nell’analisi di Save the Children, nel 2001 i bambini nati denutriti sono stati 21,5 milioni, un quinto in più rispetto al 2023[8]. Tuttavia, dopo un trend positivo nella lotta alla malnutrizione, i progressi hanno iniziato a diminuire significativamente nel 2019, in gran parte a causa dell’instabilità economica, dei conflitti e del peggioramento della crisi climatica.
Gli ultimi dati nazionali sulla denutrizione sono stati pubblicati prima dell’escalation di violenza nei Territori Palestinesi Occupati: solo a Gaza, 2,3 milioni di persone hanno difficoltà ad avere abbastanza cibo a causa dei bombardamenti in corso. E, in base al tasso di natalità nella Striscia rilevato dalle Nazioni Unite, si prevede che quest’anno nasceranno a Gaza più di 66.000 bambini, di cui oltre 15.000 tra il 7 ottobre e la fine del 2023[9]. Senza un cessate il fuoco, la vita di questi bambini sarà compromessa, in bilico dal momento in cui nascono.
“La fame non è una causa persa. Abbiamo il potere di ridurre significativamente il numero di bambini malnutriti in questo momento, come abbiamo fatto in passato”, continua Daniela Fatarella. “Tuttavia, se non affrontiamo le cause profonde della fame e della malnutrizione, continueremo ad assistere a un’inversione di tendenza nei progressi compiuti per i bambini. Questa è una crisi alimentare globale e richiede una soluzione globale”.
Proprio oggi i leader mondiali sono riuniti nel Regno Unito per il vertice sulla sicurezza alimentare globale ed è a loro che Save the Children chiede di affrontare le cause profonde dell’insicurezza alimentare e nutrizionale acuta. Inoltre, solo ponendo fine ai conflitti globali, affrontando la crisi climatica e la disuguaglianza globale e costruendo sistemi sanitari, nutrizionali e di protezione sociale più resilienti e meno vulnerabili a shock come il Covid-19, ai conflitti e alla crisi climatica, potremo essere in grado di garantire che una crisi così acuta non si ripeta nei prossimi anni.
L’Organizzazione chiede inoltre una maggiore collaborazione, dialogo e investimenti intersettoriali con le comunità locali e i loro leader, per rafforzare la pianificazione e l’attuazione della risposta, nonché la capacità di agire tempestivamente e impedire che shock prevedibili si trasformino in crisi. Save the Children esorta i leader mondiali a incrementare gli interventi a basso costo per prevenire e curare la malnutrizione, come i trattamenti per la malnutrizione acuta, il sostegno e la protezione dell’allattamento al seno e gli investimenti nell’assistenza sanitaria comunitaria di base.
L’impegno della comunità internazionale per proteggere i bambini non è sufficiente. Con sempre maggior frequenza, le emergenze umanitarie scatenate dai conflitti perdurano per anni, mentre i finanziamenti umanitari si stanno riducendo. Già nel 2022 mancavano all’appello quasi 650 milioni dei fondi umanitari necessari, lasciando 18 milioni di bambini vulnerabili e operatori esposti al rischio di violenza, sfruttamento e abusi[10] nelle peggiori crisi umanitarie del mondo. Il deficit nelle risorse indispensabili per la protezione dei bambini nelle zone di conflitto, secondo le stime, potrebbe raggiungere entro il 2026, 1 miliardo di dollari, con gravissime conseguenze per i più vulnerabili[11]. Come sta già succedendo ad esempio nel campo profughi di Cox’s Bazar in Bangladesh, dove più di mezzo milione di bambini rifugiati Rohingya hanno subito lo scorso marzo la riduzione di un terzo degli aiuti alimentari, o come sta avvenendo in Yemen, dove gli aiuti hanno subito un taglio del 62% negli ultimi cinque anni mentre 11 milioni di minori colpiti dalla guerra ancora in corso hanno urgente bisogno di assistenza umanitaria.
“In questa Giornata, che dovrebbe essere l’occasione per registrare i progressi fatti nel rispetto dei diritti di tutti i minori nel mondo, assistiamo a un ennesimo attacco diretto del diritto stesso alla sopravvivenza. Le decine di conflitti che attualmente infiammano il mondo, da Gaza al Sudan, passando per l’Ucraina, la Siria e lo Yemen, la crescente crisi climatica e alimentare nel Corno d’Africa, in Afghanistan e in Repubblica Democratica del Congo, dimostrano con chiarezza l’incapacità della comunità internazionale di usare tutte le risorse diplomatiche e materiali possibili per salvare i bambini esposti al rischio continuo di perdere la vita, nonostante tutti gli sforzi umanitari sul campo in cui anche Save the Children è impegnata direttamente” conclude Daniela Fatarella. “Abbiamo la responsabilità di garantire a ogni bambino e bambina il diritto alla vita, alla salute e allo sviluppo. Dobbiamo fare ogni sforzo possibile per progredire in questo, e i leader mondiali hanno l’obbligo morale di trasformare le promesse in azioni concrete, mettendo al primo posto i bisogni e i diritti dei minori, ascoltandoli e includendoli anche in una partecipazione attiva nelle decisioni che riguardano il loro presente e il loro futuro”.
Nel 2022 Save the Children, insieme ai propri partner, ha raggiunto e sostenuto 87,1 milioni di persone, di cui 48,8 milioni di bambini, il 13,5% in più rispetto al 2021, con interventi e progetti in aree di emergenza o di sviluppo in 116 Paesi del mondo. Le aree di intervento riguardano il contrasto alla povertà e all’insicurezza alimentare, la protezione, l’educazione, la salute e nutrizione, la promozione dei diritti e la partecipazione.