Presentata la 1^ indagine italiana sull’arbitrato commerciale. Tavola rotonda con Eni, Enel, Dentons e Danieli Automation…
Milano – Presentati oggi in Camera Arbitrale di Milano i risultati del primo sondaggio italiano sull’arbitrato commerciale. Che lo strumento arbitrale fosse centrale per il buon funzionamento del sistema economico lo si sapeva. Ma ora sono proprio i dati di un Report a confermarlo.
“Lo stato dell’arte e l’evoluzione dell’arbitrato commerciale. Il punto di vista dei legali di impresa” è il titolo dell’indagine condotta nei primi sei mesi di quest’anno dalla Camera Arbitrale di Milano, società partecipata dalla Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi, e da Legalcommunity, testata digitale dedicata ai protagonisti del mondo legal in Italia, con il supporto di Dentons.
Il Report raccoglie le risposte di 133 General e Legal Counsel, i legali di imprese italiane. Grazie al loro contributo oggi conosciamo aspettative, criticità, sviluppi attesi e i desiderata di chi questo strumento lo utilizza a beneficio della propria impresa.
I dati sono oggetto del dibattito di una Tavola Rotonda che si tiene oggi in Camera Arbitrale di Milano e che vede la partecipazione di Stefano Azzali, Direttore Generale della Camera Arbitrale di Milano, Barbara Benzoni, Assistenza Legale Mid-Downstream e Chemicals Estero- ENI, Sara Biglieri Europe Head Litigation and Dispute Resolution – Dentons, Gianluca Buoro, Responsabile Affari Legali Danieli Automation, Beatriz Saiz Marti, Head of Group Significant Litigation Enel, moderata da Giuseppe Salemme di Legalcommunity.
“Crediamo sia importante per un’Istituzione come la Camera Arbitrale di Milano, che ha una forte componente pubblica, promuovere iniziative di ricerca e analisi nel settore dell’ADR, come questa che oggi presentiamo”. Ha dichiarato Stefano Azzali, Direttore Generale della Camera Arbitrale di Milano. “È decisivo conoscere il contesto nel quale operiamo, analizzare i fabbisogni dei nostri interlocutori e i loro desiderata, per offrire servizi di risoluzione delle controversie sempre più in linea con le esigenze del mercato. Il confronto è sempre un esame, ma è al tempo stesso un atto di responsabilità verso la collettività. Si migliora analizzando le critiche, studiando la reputazione e le buone prassi dei competitor internazionali. Il giudizio positivo sullo strumento arbitrale che emerge dai dati e l’uso che se ne fa in Camera Arbitrale di Milano, scelta principalmente dalle grandi imprese insieme all’ ICC, ci conforta La qualità del servizio è il nostro dovere non solo verso chi ci conosce e ci apprezza, ma soprattutto verso il mercato per il buon funzionamento del sistema economico”.
Il Report consta di 35 domande, i partecipanti rappresentano imprese provenienti dai settori dell’energia, bancario-finanziario, industria, servizi, comunicazioni.
Il Report è diviso in 6 sezioni dedicate allo stato attuale dello strumento in Italia, con focus sulle Istituzioni Arbitrali, sugli Arbitri e sulle differenze tra Arbitro Unico e Collegio, sulle caratteristiche che deve avere un buon Arbitro, sul rapporto tra legale interno e avvocato esterno nelle dinamiche di scelta sul ricorso allo strumento arbitrale e sull’ uso della clausola compromissoria.
Nell’81% dei casi sono state proprio le grandi imprese italiane (con oltre 250 dipendenti, un fatturato annuo superiore a 50 milioni di euro e un bilancio annuo superiore a 43 milioni di euro) a rispondere all’indagine. Le aziende che hanno partecipato all’indagine, operano prevalentemente nel settore dell’energia (17,6%), nel bancario-finanziario (16,18%), nell’industria (11,7%), nei servizi (8,8%), nelle comunicazioni (7,3%).
Da questa giuria l’arbitrato ne esce promosso a pieni voti: 8 legali di impresa su 10 dichiarano che nei prossimi 3 anni continueranno a farne ricorso, inserendo la clausola arbitrale nei contratti, poiché è ritenuto vantaggioso per diversi motivi: maggiore rapidità del procedimento rispetto ai tempi della giustizia ordinaria, possibilità di scegliere gli Arbitri, confidenzialità e tutela della privacy.
Quasi uno su due dei legali intervistati (47%) preferisce l’arbitrato amministrato all’arbitrato ad hoc, considerate le caratteristiche della prevedibilità e della trasparenza delle norme, la prevedibilità dei costi e perché permette il controllo sulla neutralità degli Arbitri, anche se 4 su 10 scelgono di volta in volta in base al caso specifico inerente la controversia.
Motivi di scelta di un’Istituzione Arbitrale. La selezione dell’istituzione arbitrale è influenzata principalmente dalla reputazione e dalla neutralità della stessa. Tra le altre motivazioni più segnalate: il regolamento adottato dall’istituzione e la trasparenza dell’istituzione (pubblicazione di statistiche, pubblicazione del nominativo degli arbitri nominati, ecc.).
Internazionalità. Il dato sulla frequenza di utilizzo dell’arbitrato internazionale è più alto rispetto al dato sull’uso di quello domestico. Infatti, quasi la metà degli intervistati (41%) in 5 anni è stato coinvolto in arbitrati internazionali da 1 a 5 volte (rispetto al 35% che dichiara di essere stato coinvolto in un arbitrato domestico da una a 5 volte negli ultimi 5 anni).
Chi decide sulla clausola? La scelta dell’inserimento della clausola arbitrale all’interno della società è quasi totalmente appannaggio del Dipartimento degli Affari Legali (79%). Oltre uno su due (56%) dei legali intervistati dichiara di servirsi sempre di studi legali esterni per farsi rappresentare e assistere negli arbitrati in cui la società è coinvolta. Il ruolo del consulente esterno risulta determinante in particolare per la scelta tra arbitrato ad hoc e amministrato.
Clausole standard o redatte di volta in volta. Nell’inserire nel contratto una clausola arbitrale la maggior parte dei legali di impresa (39%) preferisce ricorrere ad una clausola standard predisposta dalla stessa azienda di cui fa parte il legale. Oltre un terzo (31%) ricorre a clausole standard elaborate da un’Istituzione arbitrale, il 29% ricorre a clausole su misura redatte di volta in volta.
Arbitro Unico vs Collegio di tre arbitri. La scelta del Collegio Arbitrale a scapito dell’Arbitro Unico deriva dalla convinzione che il Collegio garantisca un minor rischio di decisioni sbagliate e una migliore qualità del lodo. In seconda battuta si preferisce il Collegio per la possibilità di inserire nel Tribunale Arbitrale un Arbitro di cui si ha stima e fiducia.
Collegio, il pregio della diversità. Nella composizione di un Collegio Arbitrale, il 66,6% del panel ritiene che l’elemento della diversità (di genere, età, cultura ecc.) sia un fattore nettamente a favore della qualità del Collegio stesso. Il resto del panel si divide tra chi ritiene la diversità un fattore irrilevante 18,7% e chi lo ritiene importante solo sulla base della particolarità del caso 14%.
Come migliorare l’arbitrato. Tra le iniziative che potrebbero essere intraprese dalle istituzioni arbitrali per migliorare lo strumento arbitrale, quella che raccoglie maggiori consensi è il garantire una maggiore prevedibilità dei costi che l’impresa deve sostenere durante la procedura. Seguono il mettere a disposizione un albo/elenco degli arbitri e aumentare la trasparenza (nomine dell’istituzione, decisioni su indipendenza e ricusazione).
Tecnologie. Tra le tecnologie di cui si auspica un maggior utilizzo nell’arbitrato emergono: la videoconferenza con sale di udienza virtuali, il deposito e l’archiviazione online e centralizzata di tutta la documentazione relativa al caso e le tecnologie per le udienze (es. trascrizioni in tempo reale, presentazioni multimediali).
Cosa potrebbe accrescere l’utilizzo dello strumento arbitrale. Tra le pratiche che potrebbero incidere più significativamente sul maggior utilizzo dello strumento arbitrale al primo posto i soggetti intervistati indicano le procedure semplificate e accelerate (es. limitazione della produzione documentale, brevi termini per il deposito di memorie). Al secondo posto, la previsione di meccanismi per l’attribuzione agli Arbitri del potere di decidere in maniera sommaria domande prive di fondamento o temerarie. Al terzo posto, l’organizzazione obbligatoria di una “management conference” per la definizione del calendario della procedura.