Ma pesano le disuguaglianze: 17 milioni di italiani non fanno visite di controllo (addirittura il 70% dei bambini di 6-14 anni). E sono 3,7 milioni i forzati del low cost: chi sceglie lo specialista solo per il costo basso, senza badare a qualità e sicurezza.
Sensibile ripresa della spesa privata per il dentista. Gli italiani sono tornati dal dentista, dopo la grande fuga dagli studi registrata durante gli anni della crisi. Nel 2016 hanno speso per visite e cure 7,8 miliardi di euro, con un incremento del 9,3% rispetto al 2014.
Bravo e affidabile: il dentista conquista ancora la fiducia degli italiani. L’85,3% degli italiani ha un proprio dentista di riferimento, senza grandi differenze d’età: l’86% dei millennials, l’85,3% dei baby boomers e l’84,7% degli anziani. Il 74,8% opera in uno studio privato libero professionale, il 5,8% in una catena con marchio, il 4,8% in una struttura pubblica. Il primo criterio di scelta del dentista di riferimento è la fiducia che ispira nei cittadini (indicato dal 63,1%), poi il costo delle prestazioni (26,3%), la qualità dei materiali utilizzati e delle tecnologie (20,8%), la vicinanza dello studio e la comodità per raggiungerlo (17,1%), le facilitazioni nei pagamenti (11,4%). È quanto emerge da una ricerca Censis realizzata in collaborazione con Andi (Associazione Nazionale Dentisti Italiani).
Il buon dentista è prima di tutto un bravo medico. Il 91% degli italiani che si sono rivolti a un dentista è rimasto molto o abbastanza soddisfatto. Il buon dentista è prima di tutto un bravo medico: l’81% degli italiani quando va dal dentista si aspetta il rispetto dei criteri di qualità, appropriatezza e sicurezza come per le altre specialità mediche. Mai gli italiani si recherebbero dal dentista come per acquistare un qualsiasi servizio o prodotto commerciale. Per gli italiani il dentista libero professionista con il proprio studio è ancora il migliore interprete della buona odontoiatria: lo scelgono perché genera fiducia, è un bravo medico e perché, se necessario, permette la rateizzazione dei pagamenti.
Ancora tante le disuguaglianze nelle cure odontoiatriche. A recarsi di più dal dentista sono le persone benestanti (il 75,6% almeno una volta nel corso dell’anno) rispetto ai non abbienti (57,2%) e i laureati (62,2%) più delle persone con livelli di studio inferiori (45,6%). Disparità ancora maggiori si riscontrano sul fronte della prevenzione. Non fanno mai visite di controllo dal dentista il 38,1% degli italiani non abbienti (contro il 22,7% dei benestanti) e il 36,4% delle persone con la licenza media (contro il 29,8% dei laureati).
I forzati del low cost senza garanzie. Le persone con redditi e scolarità più bassi vanno meno dal dentista e di solito lo fanno quando dolori e carie diventano preoccupanti. A quel punto per tanti italiani inizia la rincorsa del low cost odontoiatrico. Nell’ultimo anno sono 3,7 milioni gli italiani che hanno acquistato cure odontoiatriche puntando esclusivamente sul prezzo basso, senza badare alle garanzie di qualità. Si tratta di una inclusività perversa, fatta di offerte low cost associate a bassa qualità e bassa sicurezza, che può degenerare fino alla illegalità e all’abusivismo (sono 600 gli studi odontoiatrici abusivi individuati in circa 2.000 controlli da gennaio 2015 a novembre 2017).
La bomba degli esclusi. Sono 17 milioni gli italiani (di cui 3,7 milioni sono millennials) che non hanno mai fatto una visita di controllo dal dentista. E un milione di italiani non è mai andato da un dentista in vita sua. Si stima in quasi il 70% la quota di bambini tra 6 e 14 anni che nel corso dell’anno non hanno fatto una sola visita di controllo ai denti. Si rinuncia così al dentista come sentinella avanzata sul proprio stato di salute, che potrebbe individuare precocemente problemi sia dei denti, sia della salute in generale. Si tratta di un vero e proprio debito odontoiatrico sommerso che si va accumulando, perché senza prevenzione ogni danno ai denti è destinato a peggiorare, producendo costi più alti per il servizio sanitario e i cittadini.