La strage di Erba del 2006, un evento che ha lasciato un segno profondo nella memoria collettiva italiana, ritorna alla ribalta con nuovi interrogativi e prospettive nel libro “Erba”, scritto da Antonino Monteleone, giornalista e inviato de “Le Iene”, e Francesco Priano. Nell’ultima puntata di “Turchesando“, il programma condotto da Turchese Baracchi con Gabriele Parpiglia in onda ogni martedì dalle 18 alle 20 su Radio Cusano Campus e in radiovisione su Cusano Italia Tv (canale 264 del digitale terrestre), Monteleone ha condiviso riflessioni e dubbi sulla condanna di Olindo Romano e Rosa Bazzi, attualmente in carcere per la strage.
Antonino Monteleone, nel suo intervento, ha messo in dubbio la fondatezza delle prove che hanno portato alla condanna di Romano e Bazzi: “Se proprio lo devo dire, non si capisce ancora oggi che ci fanno in carcere Rosa e Olindo. Per le sentenze di condanna, la macchia di sangue viene trovata sul battitacco della seat rossa di Olindo. Io sfido chiunque a dirmi dov’era, anche un solo alone di macchia di sangue. Quella è la prova scientifica che ha mandato due persone all’ergastolo. Nessuno ha mai visto l’alone di quella macchia di sangue, nessuno ha mai visto la foto scattata al buio con la luminescenza del luminol. Il super testimone Mario Frigerio non parla mai di Rosa. All’inizio del suo primo racconto, parla di un uomo olivastro, più alto di lui, forte come un toro. Poi in tribunale dirà ‘ho visto Olindo’: lo dice anche ai magistrati prima, nel mese di dicembre del 2006, ma il suo primo ricordo è un uomo olivastro. Ma soprattutto non si spiega un elemento: per quale motivo, se ha riconosciuto Olindo, chiede al proprio avvocato di mandare un fax in procura, il giorno dopo il suo primo colloquio con i magistrati, per dire ‘voglio anche sottolineare che la corte di via Diaz era frequentata da extracomunitari di etnia araba’ se in cuor suo già aveva capito che ad aggredirlo e mandarlo quasi al creatore era stato Olindo?“. Monteleone ha sottolineato altresì l’assenza di prove concrete e ha evidenziato la possibilità di errori giudiziari, rimarcando che “di fronte alla giustizia penale, penso che un solo ragionevole dubbio, non una sequela di ragionevoli dubbi, debba farci pronunciare una sentenza di assoluzione”.
Gabriele Parpiglia ha posto l’accento sugli elementi di autoaccusa da parte dei condannati. Monteleone ha risposto sottolineando le incongruenze nei loro racconti e il potenziale impatto della loro capacità cognitiva sulla decisione di autoaccusarsi: “Si sono autoaccusati, il problema è che dentro il racconto con il quale si sono autoaccusati non torna niente, perché loro iniziano a fare un racconto che costringe i magistrati a interromperli per dirgli ‘guardate non è così un attimo’’. A un certo punto Rosa dirà ‘scusate fate una cosa: voi mi dite cosa è successo e io vi rispondo questo sì, questo no’. Il problema è che il racconto di Olindo e il racconto di Rosa inizia ad avere un senso solo e soltanto da quando sul tavolo vengono mostrate le foto della strage. E la cosa particolare che emerge ascoltando quegli audio è che Rosa e Olindo rivelano dettagli che nemmeno gli assassini potevano conoscere, perché la strage si è svolta al buio, e loro rivelano dettagli che solo chi ha visto le foto poteva conoscere. Sull’autoaccusa devo darti solo un dato statistico che serve per l’ascoltatore: io, che penso di avere capacità cognitive nella media, non confesserei mai un delitto che non ho commesso. Invece, secondo una statistica che viene dagli Stati Uniti, su 325 casi di persone che sono state condannate a morte o all’ergastolo e la cui condanna è stata poi revocata grazie alla prova del DNA, il 25% di quelle persone aveva confessato un delitto che non aveva commesso. Ci sono tre elementi, e lo spiega molto bene il professor Giuseppe Sartori dell’università di Padova, che spingono a confessare falsamente: il primo è la massimizzazione degli elementi di cui dispone l’accusa, cioè ‘Abbiamo prove schiaccianti, sei fregato’; il secondo è la minimizzazione delle conseguenze di un’eventuale confessione, cioè ‘se confessi avrai un grande sconto di pena’, in questo caso una cella matrimoniale; terzo elemento, è una capacità cognitiva ridotta. Rosa Bazzi, secondo l’analisi della team di ricercatori del professor Sartori, neurologo neuropsichiatria, avrebbe un quoziente intellettivo di 59 punti, come un bambino”.
Inoltre, Monteleone ha condiviso i dettagli del suo incontro con Romano e Bazzi in carcere, rivelando che entrambi gli agenti di polizia penitenziaria e lui stesso sono convinti della loro innocenza: “Io sono l’unico giornalista italiano che li ha incontrati in carcere: Olindo nel carcere di Opera e Rosa nel carcere di Bollate nel 2018-2019. Ho parlato con gli agenti di polizia penitenziaria di entrambi e tutti sono convinti che siano innocenti. Quando ho incontrato Olindo Romano, alla fine dell’intervista abbiamo faticato a trattenere le lacrime, perché abbiamo avuto di fronte un uomo completamente devastato, al quale non posso escludere vengano somministrati degli psicofarmaci”.
Il libro “Erba”, che esamina il caso con nuove prospettive e analisi, arriva in un momento cruciale: la Corte d’appello di Brescia deve valutare due istanze di revisione del processo: “Nel mese di novembre la Corte d’appello di Brescia dovrà valutare su due istanze di revisione: una per la prima volta della difesa, non era mai stata presentata. E poi c’è anche la richiesta di revisione presentata da un sostituto procuratore generale della Repubblica di Milano, che ha scritto una corposa e articolata richiesta di revisione e noi, diciamo, attraverso le pagine di questo libro, trattiamo i punti più salienti”. Monteleone ha espresso la sua opinione sul possibile esito del caso, evidenziando le sfide e le complessità del sistema giudiziario italiano: “Immagino possano succedere due cose: a Brescia potrebbe esserci l’accoglimento delle istanze di revisione del procuratore generale della difesa, quindi comincia un processo in cui verranno riesaminate le prove, oppure la Corte d’appello può dire che reputa le istanze inammissibili e in quel caso si può ricorrere per Cassazione. La Cassazione in questi anni ha molto allargato le maglie che consentono di celebrare la revisione; in quel caso la nuova istanza va proposta alla Corte d’appello di Venezia, in base alle tabelle dell’articolo 11”.
Alla domanda su chi sia stato a commettere la strage, Monteleone ha risposto: “Io sono convinto che Azouz Marzouk non la racconti tutta, nonostante lui qualche settimana fa mi abbia scritto un po’ incavolato perché io insisto molto sul fatto che molti elementi puntano nella direzione di una vendetta trasversale. Le modalità di esecuzione e le vittime designate, che sono sopra tutte le altre Raffaella Castagna e il piccolo Youssef, era evidentemente qualcosa fatta contro Azouz”.
Con queste nuove prospettive, il caso della strage di Erba continua a sollevare interrogativi e dibattiti, ponendo l’attenzione sulla necessità di un esame approfondito e critico delle prove e delle procedure giudiziarie.
Per vedere l’intervista: https://www.youtube.com/watch?v=5_NmGdAK0eM