La pandemia da Coronavirus ha scatenato paure, insicurezze, fobie. La realtà ha assunto, d’un tratto, i connotati di un film catastrofico di fantascienza. Come superare lo stato d’ansia collettivo? Ne parliamo con il Prof. Gabriele Giorgi, psicologo, esperto di paure e di intelligenza emotiva, associato di psicologia presso l’Università Europea di Roma.
Prof. Giorgi, come stanno reagendo, secondo lei, le persone a questa emergenza inattesa che ha rivoluzionato la nostra vita?
L’emergenza definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come pandemia è, sicuramente, grave. Dopo diversi giorni di sbandamento e di incertezza, ora la maggior parte dei cittadini sta reagendo in modo più razionale, cercando di seguire le indicazioni che provengono dal Ministero della Salute e dal Governo. C’è stata una presa di coscienza della rischiosità di questa malattia e la percezione del pericolo è via via divenuta più corretta. Parallelamente, esistono molte paure, e si percepisce un forte stress dovuto a tutte le restrizioni a cui siamo sottoposti.
Quali sono e quanto sono gravi i rischi di una fobia collettiva?
Parlerei più di “paura collettiva” e non di “fobia”. Ma, secondo me, la fase più grave, dal punto di vista psicologico, è passata. Le indicazioni che sono arrivate dalle Istituzioni e dall’Oms hanno consentito una razionalizzazione della oggettività del pericolo, e questo ha portato ad allontanare alcuni fantasmi e paure irrazionali. Possono, però, permanere quelli che tecnicamente si chiamano “contagi emotivi”: processi che si sviluppano nel comportamento del gruppo e che inducono le persone a influenzarsi reciprocamente. È, quindi, importante l’opera di presa in carico individuale del proprio stato emotivo e di stress per cercare di contenerlo e mettere in atto il “coping”, ovvero una strategia di fronteggiamento e di contenimento dei problemi.
La paura può generare una preoccupazione per la propria salute che a volte non ha riscontri reali. In questo momento, quanto è alto il rischio di sentirsi malati anche se non lo si è?
Sicuramente, le paure hanno una connotazione “intelligente” perché ci permettono di far fronte ai pericoli, ci garantiscono una capacità di maggiore concentrazione che ci permette di essere più reattivi; dall’altro lato, le paure possono generare altre paure (paure multiple) e possono amplificarsi a seconda del contesto (https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fpsyg.2016.01571/full). Il fatto di essere in una situazione collettiva rischia di provocare un’amplificazione delle paure, che sono, insieme, esperienze interne dell’individuo ma anche il prodotto di un contesto. In questa situazione, il rischio è che una paura razionale, come quella del Coronavirus, diventi una paura più forte e amplificata, che genera altre paure. In questo modo, la persona può scambiare i sintomi di una normale influenza con la malattia del Coronavirus; allo stesso modo, può accusare stati di paura e ansia per altri aspetti collaterali, come la crisi economica, o la condizione di sicurezza.
La vita chiusa tra le mura domestiche, soprattutto in situazioni di problematiche già esistenti, in termini di armonia familiare, ad esempio, potrebbe diventare così insopportabile da diventare “esplosiva”? Esistono, secondo lei, rischi di un aumento della violenza domestica?
Sicuramente è un momento in cui i livelli di stress sono più alti per tutti, e si possono verificare reazioni di “coping maladattivo” che possono sfociare in comportamenti controproduttivi. Penso, ad esempio, all’aumento dell’uso di alcol, fumo, o consumi alimentari non corretti; sicuramente, tutto questo può generare un effetto sulle relazioni e le persone possono, talvolta, sfogare il proprio stress in conflitti relazionali. Insomma, le persone frustrate rischiano di metter in atto comportamenti più aggressivi. Un elemento importante per evitare che si arrivi a questo punto, sarà la durata di questa situazione di reclusione e isolamento.
In questo momento, tutti noi abbiamo paura di quello che potrà succedere al livello economico e delle conseguenze che ci potrebbero essere dal punto di vista professionale…
Come già accennato, il rischio è che la paura per la propria salute sviluppi paure multiple, inclusa quella per la sicurezza del proprio posto di lavoro, per la crisi economica, la paura di non essere ricollocabile facilmente in un’altra azienda (https://www.dovepress.com/the-correlation-between-stress-and-economic-crisis-a-systematic-review-peer-reviewed-fulltext-article-NDT). Il maggior rischio riguarda i liberi professionisti che, in questo momento, sono la categoria meno tutelata. Certamente questa emergenza provocherà cambiamenti profondi nell’attività e nelle relazioni lavorative (https://www.frontiersin.org/research-topics/7339/new-professionalism-and-the-future-of-work-interdisciplinary-perspectives-on-transformations-in-busi)