Una ricerca pubblicata su Lancet rilancia la lotta alla sedentarietà

Un nuovo studio sull’inattività fisica è stato realizzato da ricercatori dell’OMS insieme a colleghi accademici e pubblicato il 2 luglio sulla rivista The Lancet Global Health. I dati della ricerca sono stati presentati dall’OMS in occasione di un incontro internazionale online coordinato da Fiona Bull e al quale hanno partecipato, rispondendo alle domande dei partecipanti, i ricercatori che hanno realizzato l’importante documento che ora viene diffuso per spronare tutti gli attori che possono aiutare a invertire la drammatica tendenza che emerge da questo studio.

I nuovi dati mostrano che quasi un terzo (31%) degli adulti in tutto il mondo, circa 1,8 miliardi di persone, non ha raggiunto i livelli raccomandati di attività fisica nel 2022. I risultati indicano una tendenza preoccupante all’inattività fisica tra gli adulti, che è aumentata di circa 5 punti percentuali tra il 2010 e il 2022. Se la tendenza continua, si prevede che i livelli d’inattività aumenteranno ulteriormente fino al 35% entro il 2030, e il mondo è attualmente ben lungi dal raggiungere l’obiettivo globale di ridurre l’inattività fisica entro il 2030. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) raccomanda che gli adulti abbiano 150 minuti di attività fisica di intensità moderata o 75 minuti di attività fisica di intensità vigorosa, o equivalente, a settimana. L’inattività fisica espone gli adulti a un rischio maggiore di malattie cardiovascolari come infarti e ictus, diabete di tipo 2, demenza e tumori come quello al seno e al colon.

Massimo Gasparetto, responsabile Politiche per la Promozione della salute Uisp, ha commentato i risultati di questo nuovo studio presentato dall’OMS: “Nel seminario che l’Uisp nazionale ha tenuto il 6 aprile abbiamo condiviso alcuni dei paradigmi che l’OMS riafferma nello studio pubblicato su Lancet: le disuguaglianze continuano ad aumentare anche nel nostro Paese e per far fronte alla sedentarietà come fattore di rischio per la MCNT-Malattie croniche non trasmissibili e per il benessere della popolazione occorrono politiche integrate e di sistema. Possiamo dire che la Uisp continua ad essere coraggiosa nel porsi a disposizione delle comunità in cui agisce per i vari target di età, sia con azioni di promozione primaria che secondaria in un’ottica di intersettorialità e di alleanza con le istituzioni sanitarie, gli enti locali ed il terzo settore. Andare verso la stagione congressuale della nostra associazione la nostra prospettiva è quella di ribadire l’impegno per tutte le fasce d’età, con particolare attenzione alla sedentarietà di genere, oltre che delle persone anziane, senza dimenticare gli adolescenti che escono dal covid con un indice di disagio che dobbiamo continuare a tenere ben presente. Ci aspetta un grandissimo lavoro!”.

Gli aspetti riportati qui riportati marciano di pari passo con le buone pratiche espresse dalla Uisp e riproposte anche nei progetti europei. Ad esempio Movement Pills, che propone l’esperienza di Pillole di movimento riconosciuta a livello europeo e internazionale dalla stessa OMS che l’ha inserita nel video che rilancia la lotta alla sedentarietà, come eccellenza a disposizione degli attori che in Europa vogliono sviluppare le loro capacità di attivare reti e processi multisettoriali e intersettoriali per raggiungere l’obiettivo di cittadini più attivi.

“Questi nuovi risultati evidenziano un’opportunità perduta di ridurre il cancro e le malattie cardiache e di migliorare la salute mentale e il benessere attraverso una maggiore attività fisica”, ha affermato Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’OMS. “Dobbiamo rinnovare il nostro impegno per aumentare i livelli di attività fisica e dare priorità ad azioni coraggiose, comprese politiche rafforzate e maggiori finanziamenti, per invertire questa preoccupante tendenza”. I tassi più elevati d’inattività fisica sono stati osservati nella regione ad alto reddito dell’Asia Pacifico (48%) e dell’Asia meridionale (45%), con livelli di inattività in altre regioni che vanno dal 28% nei paesi occidentali ad alto reddito al 14% in Oceania. Risulta particolarmente preoccupante il fatto che permangano disparità tra genere ed età. L’inattività fisica è ancora più comune tra le donne a livello globale rispetto agli uomini, con tassi di inattività del 34% rispetto al 29%. In alcuni paesi, questa differenza arriva fino a 20 punti percentuali. Inoltre, le persone sopra i 60 anni sono meno attive rispetto agli altri adulti, sottolineando quanto sia importante promuovere l’attività fisica per gli anziani.

L’inattività fisica è una minaccia silenziosa per la salute globale, contribuendo in modo significativo all’impatto delle malattie croniche – ha affermato Rüdiger Krech, direttore della Promozione della Salute dell’OMS – Dobbiamo trovare modi innovativi per motivare le persone a essere più attive, considerando fattori come l’età, l’ambiente e il background culturale. Rendendo l’attività fisica accessibile, conveniente e piacevole per tutti, possiamo ridurre significativamente il rischio di malattie non trasmissibili e creare una popolazione più sana e più produttiva”.

Nonostante i risultati preoccupanti, in alcuni paesi si registrano alcuni segnali di miglioramento. Lo studio ha dimostrato che quasi la metà dei paesi del mondo ha apportato alcuni miglioramenti negli ultimi dieci anni e che 22 paesi sono stati identificati come quelli che probabilmente raggiungeranno l’obiettivo globale di ridurre l’inattività del 15% entro il 2030, se la loro tendenza manterrà lo stesso ritmo. Alla luce di questi risultati, l’OMS invita i paesi a rafforzare la loro attuazione delle politiche per promuovere e consentire l’attività fisica attraverso lo sport di base e di comunità e attività ricreative e trasporti attivi (camminare, andare in bicicletta e utilizzare i trasporti pubblici), tra le altre misure. “La promozione dell’attività fisica va oltre la promozione della scelta dello stile di vita individuale: richiederà un approccio dell’intera società e la creazione di ambienti che rendano più facile e più sicuro per tutti essere più attivi nel modo che preferiscono per raccogliere i numerosi benefici per la salute derivanti da un’attività fisica regolare”, ha affermato Fiona Bull, capo dell’Unità per l’attività fisica dell’OMS. Saranno necessari sforzi collettivi basati su partenariati tra stakeholder governativi e non governativi e maggiori investimenti in approcci innovativi per raggiungere le persone meno attive e ridurre le disuguaglianze nell’accesso alle misure che promuovono e migliorano l’attività fisica.

Raffaella Chiodo Karpinski