I Social network attirano i ragazzi con mille lusinghe, facendoli sentire spesso meno soli, aiutandoli talvolta a esprimersi, a creare, a intrattenere rapporti con i propri amici. Ma la “trappola dei Social”, come ormai molti esperti definiscono l’insieme delle insidie rappresentate da questi ormai dominanti “comunità virtuali”, sta diventando il nemico pubblico numero uno della nostra epoca.
I Social network hanno modificato abitudini, trasformato il linguaggio e anche il contenuto della comunicazione dei nostri politici, condizionano le nostre scelte, il nostro “senso comune” e in definitiva la nostra esistenza. Ma, soprattutto, entrano di prepotenza nelle vite – e nelle menti – dei ragazzi, ne alterano la personalità e le aspirazioni, ne innescano comportamenti e dipendenze paragonabili a quelle di una droga pesante, al punto che ormai non si può più fare finta di niente. Anche le leadership mondiali non possono più voltare lo sguardo e le istituzioni di diversi paesi hanno cominciato a occuparsi dei danni prodotti.
I Social network hanno modificato abitudini, trasformato il linguaggio e in definitiva la nostra esistenza
Il creatore della prima e più diffusa di queste comunità, Mark Zuckerberg, è stato di recente chiamato dal Congresso americano a giustificarsi per una serie inquietante di suicidi o altri comportamenti “deviati” di minori statunitensi, indotti da “influencer” o comunque da sindromi emulative suscitate attraverso il Social. Ma le balbettanti scuse di Zuckerberg alle famiglie delle vittime – «nessuno dovrebbe passare attraverso le cose che le vostre famiglie hanno sofferto» – e ancor meno le sue promesse di incentivare i comportamenti virtuosi nella propria azienda, possono rassicurarci e consentirci di abbassare la guardia. Prova ne sia una raccapricciante comunicazione interna emersa proprio durante l’audizione del capo di Meta, nella quale si finiva per “valutare” il prezzo di un singolo utente sulla piattaforma, alla pari di ogni altro fattore di produzione, pari a 270 dollari. Un dato che dovrebbe far riflettere sull’intera rete di meccanismi messi in moto dal sistema. Come difendersi? Eventuali limitazioni e regole imposte dalla legge o auto-disposte da questi giganti della Rete non basteranno mai a ridurre l’indice di penetrazione dei Social, in particolare nei minori e nelle persone più fragili. In Francia è stato compiuto un primo passo, l’estate scorsa, nel delicato settore degli “influencer”: una legge ora ne regolamenta e limita l’attività sui Social. Intanto, all’Assemblea Nazionale sarà presto discussa una proposta di legge che vorrebbe vietare i Social ai minori di 15 anni.
Il creatore di Facebook è stato chiamato a giustificarsi per una serie di comportamenti “deviati” di minori statunitensi
Ma intanto le alterazioni delle abitudini dei ragazzi sono ormai un fatto reale, oggetto di studio da parte degli esperti. E dei medici, perché è acclarato il loro effetto condizionante – a prescindere da chi li usa fraudolentemente – sullo stato psichico di chiunque, a maggior ragione se fragile. Negli ultimi dieci anni, la salute mentale dei ragazzi è andata peggiorando tra stati di ansia, depressione, mancanza di concentrazione e aggressività. Il sindaco di New York, Eric Adam, sempre più preoccupato dai dati che stanno dimostrando come la salute pubblica venga minacciata dalla “vita virtuale” degli adolescenti, diventata vera e propria “tossina ambientale”, ha di recente lanciato un appello per fermare quello che sembra fiume inarrestabile: più si utilizzano le piattaforme, più è difficile darsi un freno. I livelli di dopamina, ovvero il “centro di ricompensa” del cervello, vengono fortemente influenzati e, ogni volta che si ottiene un like, un commento o una qualunque notifica, ai “recettori” mentali giunge una scarica di dopamina, “base” dell’instaurarsi di un meccanismo perverso di dipendenza: dai Social network e, quindi, dagli smartphone. Il meccanismo è lo stesso che determina le “ludopatie” ormai riconosciute ufficialmente come patologiche, quali il gioco d’azzardo, le slot machine e i “gratta-e-vinci”, ed è chiamato “sistema di rinforzo intermittente positivo”: ogni volta che perdiamo, facciamo fatica a resistere alla tentazione di giocare di nuovo, nella speranza di riconquistare la nostra ricompensa. Nel suo annuale discorso sullo State of the City, il sindaco newyorkese ha usato parole pesanti: «Le aziende di Social media stanno mettendo in crisi la salute mentale, soprattutto dei nostri giovani. Ma non lasceremo che la Big Tech metta in pericolo i nostri figli. Così com’è stato fatto con il tabacco e le pistole, tratteremo i Social come un altro pericolo per la salute pubblica e ci assicureremo che le società tecnologiche si assumano la responsabilità dei loro prodotti».
Negli ultimi dieci anni la salute mentale dei ragazzi è andata peggiorando tra stati di ansia, depressione, mancanza di concentrazione e aggressività
Ad avvalorare la preoccupazione del primo cittadino, uno studio pubblicato e diffuso nel 2023 dal NYC Department of Health and Mental Hygiene dal titolo Care, Community, Action: A Mental Health Plan for NYC. Dal 2021, secondo i dati diffusi, il 77% dei ragazzi del liceo, durante la settimana, trascorre più di tre ore davanti agli schermi. A queste ore si aggiungono quelle passate al computer per i compiti. Un tempo eccessivo che influenza negativamente giovani e giovanissimi, come hanno più volte dichiarato sia gli esperti dell’American Academy of Pediatria (AAP) che quelli dell’American Psychological Association. Così, la Grande Mela diventa la prima metropoli al mondo a prendere posizione netta e drastica su un tema davvero importante, che sta già modificando – sotto i nostri occhi – la forma mentis delle nuove generazioni. E anche se, al momento, non sono stati presi provvedimenti ufficiali, intanto è stato inserito nel “Piano di cura” una sorta di vademecum in cui si illustrano una serie di misure che gli adulti possono adottare per promuovere un uso salutare dei Social. Ad esempio, si raccomanda di non consentire l’accesso agli smartphone o ai Social almeno fino a 14 anni e di delineare un “piano famiglia” con regole da adottare e rispettare sull’utilizzo delle piattaforme. Un primo passo verso, si spera, una radicale trasformazione del ruolo dei Social media nella vita dei nostri ragazzi. D’altra parte la situazione, soprattutto a livello legislativo, è di complicata risoluzione. Troppi gli interessi e le difficoltà per approvare in tempi brevi una qualsiasi misura sui nuovi media, non solo negli Stati Uniti: molti legislatori sono combattuti tra la volontà di tutelare i minori e quella di preservare l’indotto che si genera attorno alla Rete. Un passo avanti è stato fatto nello Stato della Florida, dove è in dirittura d’arrivo l’approvazione della prima legge che proibisce i Social network nelle scuole ai ragazzi sotto i sedici anni – citando gli effetti deleteri sulla salute mentale dei giovani – e obbliga le piattaforme a cancellarne gli account.
Il sindaco di New York ha cominciato una battaglia contro i social network e in difesa della salute mentale dei più giovani
In passato negli Stati Uniti è stata adottata una normativa chiamata Children’s Online Privacy Protection Act (COPPA), che influenza anche le politiche di registrazione dei Social media in molti altri paesi. E, l’anno scorso, il responsabile della salute pubblica dell’amministrazione Biden, Vivek Murhy, aveva lanciato l’allarme dichiarando che i Social presentano forti rischi per i bambini, avvalorando l’ipotesi che ci possa essere un legame fra il tempo trascorso sui Social e la depressione e l’ansia. All’inizio dell’anno, il senatore repubblicano ed ex procuratore generale Josh Hawley ha presentato una misura che fissa a 16 anni il limite di età per l’utilizzo dei Social media. Il suo Mature Act creerebbe un cosiddetto “diritto di azione privato” che renderebbe più facile citare in giudizio le aziende tecnologiche, nel caso in cui dessero a minori di 15 anni la possibilità di aprire un account sui Social media.
La strada è ancora lunga per arrivare a definire una legge severa che tuteli bambini e adolescenti dalla dipendenza dai Social
Insomma, qualcosa è stato fatto ma la strada è ancora lunga per arrivare a definire una legge severa che tuteli davvero i bambini e gli adolescenti. Al momento ci sono solo alcune proposte di legge: una bipartisan presentata a fine aprile al Senato degli Stati Uniti che punta a fissare un limite di età a livello nazionale per l’utilizzo dei Social media (divieto ai minori di 12 anni di utilizzare e creare un account) con un programma di verifica dell’età gestito dal governo statunitense e supervisionato dal Dipartimento del commercio; l’altra è il Kids’ Online Safety Act che si ripropone di aggiornare le regole volte a proteggere le attività online dei bambini. L’ultima, d’iniziativa democratica e repubblicana, reintroduce il Earn It Act che elimina le tutele attualmente garantite dalla Sezione 230 del Communications Decency Act (che esonera le aziende online dalla responsabilità per gran parte di ciò che gli utenti pubblicano sulle loro piattaforme) per tutti i siti che pubblicano online contenuti relativi allo sfruttamento sessuale dei minori.
CECILIA SGERZA – leurispes.it