Negli ultimi anni, l’energia eolica è diventata un tema di grande attualità nel panorama energetico italiano ed europeo. In molti credono che rappresenti una soluzione sostenibile e pulita per il futuro, ma la realtà è più complessa di quanto possa sembrare.
Pochi sanno, infatti, che le migliaia di pale eoliche esistenti attualmente, soprattutto nel sud Italia, soddisfano appena dall’1 all’1,45% del fabbisogno energetico nazionale. A questa percentuale, già esigua, si aggiungerà una resa potenzialmente simile con il raddoppio pianificato delle turbine, un incremento che, se consideriamo il costo di gestione e il successivo smaltimento degli impianti, potrebbe rivelarsi ben poco significativo.
Una delle principali spinte alla diffusione dell’eolico in Italia è stata la politica di incentivi promossa dal governo. Questi incentivi hanno attratto aziende da tutto il mondo, alimentando un business miliardario. Tuttavia, al termine del ciclo produttivo e degli incentivi, c’è il rischio che le turbine siano semplicemente abbandonate e non smantellate, aprendo così le porte a un nuovo e problematico business legato alla gestione dei rottami. Molte turbine, infatti, sono impossibili da riciclare a causa dei materiali con cui sono costruite, come le pale in fibra di vetro, che richiedono processi di smaltimento costosi e altamente inquinanti.
L’Italia non è l’unica a trovarsi in questa situazione. Anche altri paesi europei, come la Germania, hanno sperimentato l’entusiasmo iniziale per l’eolico, per poi confrontarsi con le realtà economiche e ambientali. L’attivista green Roberto Malini, co-presidente di EveryOne Group, sottolinea come il caso tedesco sia emblematico: “La Germania ha interrotto i nuovi progetti eolici e si trova ad affrontare costi miliardari per smaltire le turbine, non riciclabili e inquinanti. La stessa situazione si ripete nelle altre nazioni dell’Ue in cui sono interrotti gli incentivi europei/statali”. In altre parole, una volta terminati i sussidi, l’interesse delle aziende per l’eolico crolla, evidenziando una sproporzione tra i costi elevati e i benefici limitati di questa tecnologia.
Un altro problema significativo riguarda la scelta delle località per l’installazione delle turbine eoliche. Nelle aree prealpine e appenniniche il vento non è costante né particolarmente forte. Questo riduce ulteriormente l’efficienza già limitata delle turbine. Se consideriamo che l’Appennino, ad esempio, non è noto per essere particolarmente ventoso, dobbiamo realisticamente prevedere una pessima resa energetica e contemporaneamente, purtroppo, l devastazione di zone ambientali e paesaggistiche di grande pregio, con una moria di avifauna, fenomeni di inquinamento acustico e da microplastiche nonché un problema di ardua, se non impossibile soluzione al termine del ciclo produttivo delle turbine, che è di circa 15 anni.
L’energia eolica, sebbene sia spesso dipinta come una soluzione green, presenta diverse criticità. Non ultima, le mire delle mafie in un settore che garantisce enormi profitti e la scarsa capacità dell’Italia di combatterle efficacemente, visto che ogni anno i profitti del crimine organizzato crescono in maniera sensibile. Gli incentivi hanno spinto molte aziende a investire, ma non sempre per ragioni legate all’efficienza energetica o all’impatto ambientale. Piuttosto, l’eolico è stato visto come un’opportunità di profitto garantito, a spese, repetita juvant, del paesaggio, dell’ambiente e, in ultima analisi, degli stessi contribuenti. Quando gli incentivi finiranno, cosa ne sarà di questi giganti di metallo? La storia dell’eolico in Italia e in Europa ci suggerisce di guardare oltre l’entusiasmo iniziale e di considerare attentamente le implicazioni a lungo termine.