“Stiamo gettando un sasso in uno stagno, ma è comunque un provvedimento positivo, perché anche se rivolto in maniera specifica verso una determinata società, il Garante della Privacy, con dei meccanismi di moral suasion, sta allarmando tutti coloro che utilizzano i servizi di Google Analytics. Il problema è che tutto il web è fondato su infrastrutture extra-Ue: la nostra sovranità digitale è in discussione da tempo, quindi i principi positivi scaturiti dal provvedimento del Garante, vanno però incardinati all’interno di meccanismi più grandi”.
Andrea Lisi, avvocato, esperto di digitalizzazione, privacy e diritto dell’informatica, presidente di ANORC Professioni e presidente onorario di ANORC, commenta così lo stop all’uso di Google Analytics prescritto dal Garante della Privacy alla società Caffeina Media Srl, che usava questi strumenti sul proprio sito. Secondo il Garante italiano, intervenuto dopo le decisioni prese anche dalle autorità francesi e austriache, Google Analytics non rispetta il GDPR (Regolamento generale sulla protezione dei dati) perché trasferisce i dati dei cittadini europei nei server statunitensi. Ora la società ha 90 giorni per legittimare l’uso di Google Analytics o abbandonarlo, altrimenti, dopo l’avvertimento, scatterà la sanzione.
“Il problema non è nuovo e non riguarda solo Google Analytics. Già la sentenza Schrems, nel 2020, ha posto il tema del trasferimento dei dati negli Usa, dove non ci sono forti garanzie per i diritti dei cittadini europei in quanto le agenzie di sicurezza americane possono facilmente entrare in possesso dei dati- spiega l’avvocato- ma il problema è che tutto il web è contaminato e andrebbe riformato. Ora vediamo come reagirà l’Unione europea. La nostra normativa è garantista, ma va ancora completata perché ci sono interessi contrapposti. I grandi del web hanno acquisito un tale potere economico che riescono a piegare anche le autorità nazionali”.
“Oggi è in atto uno scontro tra interessi commerciali fortissimi: questi provider hanno patrimoni sterminati che superano i bilanci di uno Stato. Il rischio è che diventeremo totalmente manipolabili- continua Lisi- Ma l’Europa ci può aiutare ad essere consapevoli come cittadini. Spero che questa azione del Garante porti l’Ue a strutturare un universo digitale soggetto alla sua sovranità o, se questo non è possibile, a piegare tutti gli altri stati ad osservare la rigida regolamentazione di tutela dei dati”.
Secondo l’avvocato Andrea Lisi, adesso per le società e gli enti che utilizzano Google Analytics si apre il problema di come trasferire i dati in Ue, oppure trovare un sostituto al servizio di Google. Per Lisi, il rischio è che molti operatori, privati ma soprattutto pubblici, “saranno portati ad abbandonare del tutto questi servizi statistici, offrendo poi agli utenti un servizio magari peggiore. Credo quindi che il Garante dovrebbe elencare I servizi disponibili alternativi a Google Analytics, per aiutare le PPAA a scegliere in maniera consapevole”.
Ma cosa vuol dire, per un cittadino europeo, sapere che dati ricavati dalle sue attività online sono conservati fuori dal territorio Europeo? Per il Presidente di ANORC Professioni vuol dire “non averne il controllo e, quindi, non essere tutelati. Oggi utilizzare Google, Amazon, Facebook, significa essere profilati nel dettaglio. E se quei dati finiscono nelle mani sbagliate significa che siamo sotto controllo, costantemente manipolati. Il Web ci piace perché è gratuito, ma quei servizi li stiamo pagando ad un costo salatissimo, se pur non ne siamo consapevoli. Ma l’Europa può ancora fare qualcosa”.