L’espressione “Ci sarà pure un giudice a Berlino” oppure “Esiste, dunque, un giudice a Berlino” è stata mutuata da un’opera di Bertold Brecht nella quale si narra la storia di un mugnaio che lotta tenacemente contro l’imperatore per vedere riparato un abuso. Purtroppo, spiace dirlo, Messina non è Berlino. Perché qui da noi, nessun muro è caduto, anzi di muri, se non palazzi, ne vengono alzati tanti. Anche in terreni dove non si potrebbe.
Mentre si parla di grandi opere faraoniche, di sviluppo, rinnovamento ed economia, la città del Ponte, al contrario di quella di Berlino, non ha smesso d’essere “scissa, separata come lo sono uomini e donne, frantumata come ogni nostra esperienza. Famiglie alla canna del gas, Palazzi istituzionali messi sotto osservazione, Università all’ennesimo bivio dopo che oscure vicende hanno costretto il magnifico rettore a gettare la spugna: eh, sì Messina non può definirsi città dell’essere vigile e trasparente. Purtroppo.
Hai voglia a raccontare che dopo tante vergogne venute a galla nel corso degli anni, la società civile ha posto dei paletti al malaffare. I fatti puntualmente smentiscono la propaganda del Sistema. Molto più coerente ed efficace sarebbe la resistenza e la reazione generale alle lamentate forme di taglieggiamenti e ricatti mafiosi se con forza si combattessero anche i contemporanei abusi invalsi dappertutto, in diversi livelli di pubbliche amministrazioni. Chi non sa quante forme esistono di imposizioni ed esazioni illegittime. Basterebbe girare per le vie della città, basterebbe alzare lo sguardo sulle colline e lungo i litorali per accorgersi di quanto accade. Possibile mai che nel 2023, ci siano ancora tangenti, bustarelle, versamenti, pedaggi e omaggi vari, per far andare avanti qualsiasi pratica, per ottenere un’autorizzazione o la concessione di una licenza?
Armonia e stonature nella gestione del territorio.
Si potrebbe intitolare così il libro bianco sulla città colorata di grigio. Nella sterminata giungla di progetti, riqualificazioni e tutela dell’ambiente signor sindaco ha dimenticato qualche passaggio. E che c’è bisogno di maggiore attenzione lo dimostrano le ruspe in alcuni punti strategici di Messina.
E anche una pericolosa diseducazione civile
Non dovrebbe essere una delle sue priorità tutelare il verde esistente e preservare la biodiversità? Non dovrebbe l’assessore al ramo integrare il database del patrimonio arboreo pubblico con quello presente sulle aree private? E così ridurre il consumo di suolo e recuperare gli ambiti con vegetazione? Da settimane e settimane segnaliamo movimenti sospetti in via Leonardo Sciascia, (V Circoscrizione, San Licandro) dove la sicurezza del territorio è messa in pericolo ma invece di dare risposte, il sindaco Federico Basile, preferisce non rispondere. Noi siamo del parere che tocca affrontare certi argomenti anche se sono spinosi. Tocca affrontare i rischi di ogni rotta che scegliamo, specie se si amministra il bene pubblico. Dalla politica lobbistica non ci si salva in diretta social ma con gli schermi spenti e la coscienza pulita.
Quante volte ci siamo chiesti se la mafia, con le sue ramificazioni, non sia diventata la forma di potere che più di tutte condiziona la convivenza civile, opponendosi sul territorio ai legittimi poteri dello Stato? Che risposte abbiamo ricevuto? Solo querele e minacce per aver alzato lo sguardo dove molti hanno preferito non vedere.
Le norme sulla concussione, sulla corruzione sono più che sufficienti per la repressione del fenomeno anche se spesso le varie inchieste aperte dalla magistratura sono naufragate per un motivo o per un altro. I cittadini sono demoralizzati: per quel che riguarda gli appalti di opere pubbliche e l’attività dell’amministrazione, occorrono non riforme ma persone oneste che abbiano il senso dello Stato. Dalla verifica degli errori sorge la volontà di rinnovarsi e di voltare pagina. Solo così, la gioia dell’onestà riprenderà il suo posto.
Da chi riveste una pubblica funzione è legittimo attendersi atteggiamenti di specchiata correttezza e di coerente onestà. La bussola dell’impegno politico deve essere per tutti il bene comune, perseguito nel pieno rispetto della legalità. Competenze ed efficienza, da una parte, responsabilità e rigore, dall’altra, sono gli ingredienti di un servizio politico-amministrativo degno di questo nome.
Fuori dai denti: questa tipologia di società non mi piace. Come non mi piacciono le liti taroccate in Consiglio comunale e le finte baruffe davanti alle telecamere allor quando si parla del Rettore che verrà. Ma chi ci crede? Aprite gli occhi: lo sbandierato regolamento di conti serve a nascondere la realtà. Hanno gli uni e gli altri i loro capi, i loro teorici, i loro giornalisti di riferimento (alla faccia dell’etica). E chi non è allineato, peggio per lui. Non è paranoia: è manipolazione delle coscienze. Ormai veniamo chiamati a difendere non le regole, non la legalità, il merito o l’onore della comunità ma bensì il patrimonio personale della famiglia potente.
Le riflessioni aiutano a percepire l’imprevedibilità del presente: se il cittadino comincia a farsi domande, accende il cervello. Altrimenti, basta niente e ti distrai. Capite?