L’intenzione era che fosse una bella serata, occasione per presentare i libri restituzione del percorso della Biennale della Stretto 2022 e per riflettere, in un contesto conviviale, sul futuro della prossima edizione.
È stata, inaspettatamente, molto di più, il primo passo concreto verso la trasformazione radicale dei luoghi, per l’affermazione di un’identità territoriale, architettonica paesaggistica che ha le carte in regola per attirare viaggiatori da tutto il mondo. Il primo atto concreto che ha rivelato uno sguardo lungimirante, un pensiero politico capace di cogliere le occasioni oltre l’istante.
In apertura dell’evento, che si è svolto a Forte Poggio Pignatelli, il sindaco di Campo Calabro, Alessandro Rocco Repaci, ha annunciato che il Comune, in coerente interpretazione della “Missione 5 – Tutela e valorizzazione dei beni e attività culturali” del Documento Unico di Programmazione, ha rinnovato la sua disponibilità per svolgere un’azione sinergica con l’organizzazione della Biennale dello Stretto per favorire la creazione di un polo espositivo permanente a Forte Batteria Siacci o all’interno del sistema delle fortezze. Il sindaco Repaci ha dichiarato che “l’amministrazione comunale sta già lavorando per mettere a punto le modalità utili per la realizzazione dell’azione prevista e descritta nella Missione 5 del Documento Unico di Programmazione”.
Alfonso Femia ha commentato “Durante la prima edizione della Biennale, abbiamo cercato di capire cosa stia succedendo nel Mediterraneo, nelle sue tre rive, nei territori, ai paesaggi e alle persone. Questo accordo è il primo atto concreto per “far accadere il cambiamento”, in una dimensione piccola che possiede reali potenzialità per candidarsi a volano di rilancio internazionale dello Stretto”.
Una manifestazione di apprezzamento al progetto della Biennale e di sostegno al suo futuro è arrivato anche da Elvira Amata, assessore del Turismo, Sport e Spettacolo della Regione Siciliana che in un messaggio affidato e letto dalla co-curatrice Francesca Moraci ha affermato “(…) Finalmente la retorica sulla centralità del Mediterraneo, sulla posizione di crocevia di Sicilia e Calabria tra l’Occidente e l’Oriente, tra il Nord e il Sud dell’Europa, guardando verso il continente africano, finirà di essere retorica per trasformarsi nella realistica costruzione di ponti culturali che, inevitabilmente, per fortuna, diverranno occasioni di sviluppo economico e di integrazione tra diversi popoli.
(…) È nell’alveo naturale della vocazione di questo assessorato perseguire, sostenere e creare opportunità di sviluppo turistico e culturale accompagnando prestigiose iniziative come La Biennale dello Stretto”.
La decisione del sindaco Repaci àncora al sistema dei Forti lo sviluppo di un capitolo culturale con molteplici potenzialità espressive, dall’architettura alla fotografia, dal cinema all’arte, dalla narrativa all’antropologia, in grado di aprire il territorio strettese alla conoscenza
del mondo. Nel contributo al primo dei tre volumi dedicati alla Biennale dello Stretto 2022, Repaci ha scritto “(…) ecco che un luogo, per lungo tempo rimasto “invisibile”, ha sperimentato (con la Biennale dello Stretto n.d.r.) un’occasione per svelarsi e rafforzare il legame con la comunità che lo accoglie, aprendosi al mondo attraverso esperienze culturali, artistiche, urbanistiche, socio-economiche basate sul dialogo attorno al Mare di cui Siacci è stata per più di cento anni muta sentinella. Una scommessa vinta e una dimensione di valorizzazione che ha
necessità di rafforzarsi e crescere attraverso alleanze culturali e sociali sempre più ampie”. A fare da contrappunto ai presidi militari della riva calabrese si candidano i Forti messinesi, come ha affermato Enzo Caruso, assessore alla cultura di Messina, che ha colto l’occasione
per esprimere il suo sogno: riaccendere le torri di luce nel sistema dei forti umbertini su entrambe le sponde per trasformale in traccia contemporanea, potente e ammaliante, laddove già lo furono in passato.
La luce dello Stretto è stata grande protagonista nelle parole di Marco Introini, fotografo e giornalista, che ha poeticamente individuato lo sguardo come attivatore di memoria e il viaggio come processo inverso di riappropriazione dei luoghi. Dal suo contributo al primo volume una suggestione sull’acqua, filo rosso del progetto della Biennale dello Stretto “Ho “guardato”, camminandogli accanto, l’Amendolea, la fiumara che si snoda dall’Aspromonte allo Ionio, ho cercato la sua Bellezza apparentemente celata dalla potenza distruttiva dell’acqua nella stagione delle piene e dall’arida spianata di sassi e sabbia d’estate. Eppure, c’è, è potente ed è difficile trovare una sintesi linguistica più efficace dell’aggettivo “bella” per definirla in sé e per l’intorno che l’ha generata e ne viene contaminato”.
Lo Stretto, spicchio del Mediterraneo, concentra opposizioni e contraddizioni che li si conciliano, così come altre differenti che il “piccolo mare“ risolve. Così ha esordito, Mauro Francesco Minervino, antropologo e scrittore. Sollecitato da Giuseppe Smorto, giornalista e scrittore, Minervino ha scelto il monte Cocuzzo come sintesi visiva di pensiero e colore, di odore e suono, di emozione e sentimento: rilievo dolomitico in terra calabrese, pare affiorare direttamente dall’acqua del mare strettese. Minervino ha aperto il capitolo Voci dalla Biennale nel primo volume con un suggestivo testo inedito dal titolo Sentimento, “In questo mare-mondo, che contiene l’origine e la fine di tutto, quel che un tempo era genesi oggi è apocalisse. In un’età in cui il mito dominante è quello di distruggere e rinnegare ciò che resta dei miti arcaici, solo la tragedia incalcolabile della perdita definitiva di questi luoghi, di queste vite e di questi paesaggi può essere”.
“ll Mediterraneo come deposito di sapienza”: nel suo intervento Francesco Cicione, imprenditore capace di immaginare la Calabria come avamposto dell’innovazione tecnologica più spinta, bilancia lo sguardo verso un futuro complesso con la consapevolezza di una “sapienza” territoriale che è caratteristica unica e cospicua del Mediterraneo. Delicato gioco di visioni, imprevedibilmente complementari a quella di Cicione, costruito ancora da Giuseppe Smorto, con gli artisti Angela Pellicanò e Ninni Donato tra gli autori delle installazioni artistiche esposte in Biennale. Nel contributo di Francesco Cicione al primo volume, un’immagine che restituisce l’intenzione “Il Mediterraneo è (…) un crocevia di diversità e di contrasti. Eppure, è innegabile l’incessante moto nella ricerca di un principio unificante, di un pensiero mediterraneo. È qui che possiamo rintracciare la grande armonia: il fondamento universale dell’essere, la struttura duale e unitaria della realtà”.
La Biennale dello Stretto ha preso le mosse dall’architettura e con i rappresentanti delle professioni si è conclusa la presentazione dei libri: insieme a Ilario Tassone, presidente Ordine degli Architetti di Reggio Calabria, Sonia di Giacomo, presidente di Siracusa, Gaetano Scarcella, consigliere di Messina, Anna Carulli, presidente Istituto Nazionale di Bioarchitettura in dialogo con i curatori Alfonso Femia e Francesca Moraci che ha sottolineato come “il Sud sia condizione necessaria e ineludibile a scala nazionale e internazionale“.
A chiudere la serata, Fulvio Cama, velista e cantastorie, interprete della natura dello Stretto, che avvicina e unisce idealmente le sponde opposte di tutti i mari.